Il lutto al tempo del Covid-19

L’attuale situazione di emergenza sanitaria ci sta facendo vivere esperienze inusuali: alcune più simpatiche, come la convivenza forzata con il nostro partner, altre più stressanti, come la gestione h24 dei nostri bambini chiusi in casa, altre decisamente angoscianti: lente malattie o morti improvvise, più lutti nella stessa famiglia, bare trasportate chissà dove, con corpi che nessuno ha potuto vedere e salutare, a cui viene negato perfino il rito del funerale.

Tra queste esperienze angoscianti credo però che quella più difficile da metabolizzare sia l’esperienza del “dopo”.

In momenti di normalità…

Pensate a cosa succede in momenti di normalità, anche nelle situazioni più tragiche: nessuno viene lasciato da solo, la famiglia si stringe attorno a chi è rimasto, ci si sostiene con la presenza, con l’aiuto morale e materiale. Il vicino di casa passa per fare due chiacchiere, l’amica ci invita tutti i pomeriggi per il caffè, il collega diventa improvvisamente più gentile; si organizzano ritrovi e cene che diventano, col passare del tempo, sempre meno tristi e sempre più motivo di allegria e sollievo. Passeggiando per il quartiere o per il paese, tutti ti chiedono “Come va?” e si perdono cinque minuti per raccontarsi qualche aneddoto, nostalgico e simpatico allo stesso tempo; ci si reca al cimitero per dire una preghiera, fare due chiacchiere con chi ora può solo ascoltarci, e portare un fiore.

Tutte queste cose permettono, pian piano, l’elaborazione del lutto.

Ai tempi del Covid-19…

Credo sia evidente come la situazione, ai tempi del Covid-19, sia completamente stravolta: partendo dall’impossibilità di stare vicini ai propri cari nella malattia, per passare poi all’impossibilità di accompagnarli nella sepoltura, fino ad arrivare all’impossibilità di fare la cosa più umana del mondo, ovvero stare accanto a chi resta.

Tutte queste impossibilità hanno delle conseguenze psicologiche molto importanti, e rendono difficile e dolorosa l’elaborazione del lutto: c’è la tristezza della perdita e della solitudine, c’è la rabbia verso i divieti, che capiamo come corretti per l’umanità ma che sentiamo stretti e ingiusti per le nostre piccole e semplici vite, c’è il senso di colpa di chi vorrebbe starci vicino ma non lo può fare, c’è la paura di crollare.

Una soluzione c’è!

Ma dove c’è un problema, l’essere umano inventa una soluzione: non ci saremmo mai immaginati che la tanto chiacchierata tecnologia potesse servire, nel 2020, per farci sentire più vicini. Ma oggi è a questo che serve, ed è per questo che dobbiamo (si, dobbiamo!) usarla: abituiamoci alla chiacchierata al telefono, prendiamo confidenza con videochiamate e riunioni di famiglia su Skype.

Sentirsi uniti, darsi sostegno e farsi forza sono gli obiettivi, come raggiungerli dobbiamo inventarcelo noi: il fine giustifica i mezzi, anche quelli tecnologici!

 

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    Laura Grigis Psicologa Bergamo
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