Intervento di Psicoeducazione sui familiari di Pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo

La malattia mentale, qualunque essa sia, mette a dura prova non solo il paziente che ne è affetto ma anche tutte le persone che gli stanno vicino e che sperimentano la disfunzionalità dei sintomi nella quotidianità.

Esistono però alcune patologie che coinvolgono maggiormente i familiari nel vivo della sintomatologia, come nel caso del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC): coloro che vivono accanto a una persona affetta da DOC, infatti, prendono parte ai sintomi del paziente (coinvolgimento diretto), oppure sono costretti a subirli (coinvolgimento indiretto) [Mancini F., 2016].

Si instaurano diverse tipologie di relazioni tra familiari conviventi e pazienti con DOC, relazioni che vanno dall’accomodamento (la mamma che disinfetta le maniglie delle porte di casa per permettere al figlio con DOC di uscire dalla stanza) all’antagonismo (il marito che minaccia di seprazione la moglie se non la smette di fare tardi per verificare la chiusura del gas).

Secondo alcuni studi, tra l’80% e il 90% delle famiglie di pazienti con DOC partecipano direttamente alla sintomatologia del familiare [Albert U., et al. 2010].

Nonostante la volontà sia quella di alleviare la sofferenza al paziente, l’accomodamento mantiene e aggrava i sintomi del DOC in diversi modi: funzionerebbe come un evitamento (“sto bene perché è tutto disinfettato”), riduce i costi dell’attività ossessivo-compulsiva e di conseguenza la motivazione al cambiamento del pazente, peggiora la qualità della vita di tutta la famiglia.

Anche le famiglie che, avendo comprenso l’importanza di non assecondare i sintomi del DOC, si relazionano però al paziente in modo antagonistico, non fanno altro che mantenere e aggravare il problema: il paziente si sente criticato, colpevole e disprezzato, incapace di cambiamento.

L’impatto negativo di tale coinvolgimento sia sul disturbo, sia sui familiari stessi, si è dimostrato molto rilevante e pertanto è stato sempre di più oggetto di studio [Albert U., et al. 2014]; la ricerca ha individuato alcune “trappole relazionali” e i rispettivi metodi per evitarle e fronteggiarle, sperimentando diverse tipologie di trattamento per gruppi di familiari; in generale gli argomenti trattati all’interno degli incontri di gruppo sono:

Presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino [Albert U., et al., 2014] è stato sviluppato un programma di intervento psicoeducazionale su gruppi di famiglie che è risultato particolarmente efficace (fig.1; 7 incontri di 120 min. a cadenza quindicinale + follow up a 6 mesi): i dati necessitano di ulteriori conferme, ma anche le linee-guida internazionali più recenti per il trattamento del DOC [APA 2007] consigliano il coinvolgimento della famiglia nel processo di cura.

Gli interventi psicoeducazionali di gruppo possono quindi rappresentare un utile strumento terapeutico, che si rivela efficace non solo nel migliorare la qualità di vita dei familiari ma anche nel migliorare la sintomatologia del paziente con DOC.

 

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    Laura Grigis Psicologa Bergamo
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