Oggi parliamo di rabbia

Se ne parla tanto quando parliamo di bambini, di età evolutiva, di adolescenza.

Ma quando poi si cresce, quando diventiamo la donna e l’uomo che siamo ora, la rabbia che fine fa? Resta li ovviamente, perché si tratta di un’emozione fondamentale. Certo, non simpatica a volte, non facile da comprendere e da gestire, che genere spesso qualche grattacapo.

Per questo ve ne parlo, e credo sia importante farlo, anche per sfatare (ancora ce ne fosse bisogno) il tabù della rabbia da reprimere, da soffocare, da eliminare.

La rabbia ci serve

La rabbia ha una funzione adattiva, che tradotto in parole povere significa che ci serve, che è importante per noi, che ci fa bene (sconvolti, vero?): la rabbia ci serve per affermare e riaffermare noi stessi, per difenderci e per riconoscere e far valere i nostri diritti.

La rabbia può essere un problema

La rabbia diventa discontrollata e problematica per due motivi: perché nessuno ci ascolta e dobbiamo urlare più forte, e perché l’abbiamo a lungo repressa ed esplode. Due meccanismi disfunzionali che si imparano da piccoli, in famiglia.

Questa emozione ci apre le porte della psicoterapia perché qualcuno vicino a noi dice “così non va bene, devi cambiare” oppure perché iniziamo ad avere paura della nostra rabbia, e abbiamo paura di fare del male: la rabbia è l’unica emozione che può danneggiare l’altro.

La rabbia può essere anche indirizzata all’interno, possiamo essere contemporaneamente vittime e carnefici: proviamo rabbia verso noi stessi quando deludiamo l’ideale che abbiamo di noi, e quando ci eravamo detti “non sbagliare più”.

Rabbia, tristezza, paura e senso di colpa

La rabbia è anche una maschera più socialmente accettata per nascondere la paura e la tristezza: pensate a cosa fa una mamma quando vede il bambino piccolo che attraversa incautamente la strada…lo afferra veloce per il braccio e gli da una sberla sul sedere. Perché? Perché ha avuto paura, tanta paura, ma accettarlo vorrebbe dire riconoscersi fragili , riconoscere l’impossibilità di controllare il mondo, riconoscere che il pericolo è dietro l’angolo: meglio arrabbiarsi.

La rabbia si caratterizza anche per il suo retrogusto amaro: il senso di colpa, che può generare ruminazione depressiva e gesti di autolesionismo.

Come possiamo fare amicizia con la nostra rabbia?

Come possiamo fare amicizia con la nostra rabbia? Bisogna innanzitutto conoscerla ed accettarla, così com’è.

Bisogna poi diventare più flessibili, guardare le cose da un altro punto di vista, aumentare l’assertività, prendere consapevolezza dell’effetto spiacevole che ha sugli altri, accettare la tristezza e la paura, abbassare le pretese, rimandare o rallentare l’esplosione e infine individuare il prima possibile i campanelli d’allarme ed allontanarsi. Per fare in modo che la nostra cattiva gestione della rabbia non provochi troppi danni, è importante infine creare lo spazio tra pensiero ed azione, per inserirci un freno razionale.

A volte si riesce a farci amicizia da soli, a volte invece è necessario essere affiancati da uno psicoterapeuta: il professionista delle emozioni.

 

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    Laura Grigis Psicologa Bergamo
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